S. Cecilia 2007 CANTORI DI ASSISI: OMAGGIO AL M° DOMENICO BARTOLUCCI

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Solenne. Così il concerto nella Basilica inferiore di S. Francesco per questa S. Cecilia 2007 che, oltre a celebrare la Santa nella festa del Coro, ha voluto essere un omaggio al grande Maestro Domenico Bartolucci per il suoi novant’anni, compiuti appena qualche mese fa.

E, data l’importanza di questo appuntamento, senza nulla togliere a quelli degli anni precedenti, la  solennità è stata, appunto, il suo filo conduttore attraverso un excursus tra le innumerevoli composizioni del Nostro non tralasciando, però, Pierluigi da Palestrina di cui, appassionato studioso, il Maestro è riconosciuto tra i più autorevoli interpreti. E non solo: per sua stessa ammissione, il Palestrina ha costituito, insieme al canto gregoriano e a Verdi, uno dei punti di riferimento nella sua lunga attività di compositore.

Tra musicisti e studiosi contemporanei, come tra cultori ed amanti della musica sacra e, in particolare della polifonia, il nome di Domenico Bartolucci e la sua opera sono cose note ma credo, qui, opportuno e doveroso un accenno biografico.

Toscano d’origine, nasce a borgo S. Lorenzo il 7 maggio del 1917 e, giovanissimo, entra in seminario dove studia col M° Bagnoli a cui succede nella direzione del Coro della Cappella del Duomo di Firenze. Nel medesimo periodo inizia la sua attività di compositore. Alla fine del 1942 si reca a Roma per approfondire i propri studi sulla musica sacra. Dieci anni più tardi e dopo aver rivestito numerosi ed importanti ruoli, su proposta di Lorenzo Perosi, è nominato da Pio XII Maestro Sostituto della Cappella Musicale Pontificia “Sistina”. Ne diverrà Direttore Perpetuo alla morte del Perosi nel 1956 e, con instancabile impegno, la riporterà agli antichi splendori  durante il pontificato di Giovanni XIII. Il suo incarico durerà fino al ’97. Durante quegli anni, la sua attività era costantemente seguita e molto apprezzata dall’ allora Cardinale J. Ratzinger, ora Sua Santità Benedetto XVI, che, confermando la propria stima al grande Maestro, lo ha richiamato nel 2006 per dirigere un concerto, proprio nella cappella Sistina, durante il quale, oltre a diverse composizioni di P. da Palestrina, ne furono eseguite alcune dello stesso Bartolucci tra le quali il mottetto a sei voci dedicato al Pontefice: “Oremus pro pontifice nostro Benedicto”.

Contrario all’abbandono del latino ed esponendosi in prima persona, ha sempre sostenuto la necessità di proporre in chiesa la grande arte.

Definito dalla critica “neopolifonista”, nelle sue opere è possibile ritrovare il medesimo spirito palestriniano dell’espressione attraverso la parola: è la parola che “dice” e che si traduce in musica, è la parola che “dipinge”, attraverso la musica, la scena e il moto del cuore. Ma è la semplicità, forse, la dote più grande del Bartolucci che, con estrema naturalezza, trova il modo più vero e spontaneo di interpretare e porgere la parola.

L’ insieme delle sue opere, già pubblicate, supera i quaranta volumi: mottetti, madrigali, messe, laudi, inni musiche sinfoniche ed organistiche ed oratori per soli, coro ed orchestra.

Un forte ed antico legame unisce i Cantori al Maestro. E’ stato insegnante dell’attuale Direttore P. Maurizio Verde e, prima ancora, di P. Evangelista Nicolini, fondatore e Direttore del Coro, con un rapporto divenuto stretta amicizia nutrita di grande, profonda e reciproca stima. Nei repertori del Coro, pur sempre vari e diversi, quasi mai sono mancate composizioni del M° Bartolucci. Mi piace ricordare che nel 1998 i Cantori, con altri cori, eseguirono nel Duomo di Perugia e alla di lui presenza, l’oratorio ” La tempesta sul lago”, opera giovanile del Maestro.

Se, dunque, come si è detto in apertura, questa ricorrenza voleva essere un omaggio al grande compositore,sacerdote-musicista, non poteva non contemplare le sue composizioni anche nel momento della celebrazione liturgica che ha preceduto il concerto. Le parti dell’ordinario sono state sottolineate dalla “Missa in honorem S. PII X”. In apertura il “Rorate Cœli”, antifona dell’Avvento; all’offertorio la dolce lauda spirituale, “Madre per le tue grazie”,   evoca la tenerezza di un’ implorazione filiale ed è proposta dal coro con delicata dolcezza; alla comunione l’ “Ave Verum”: delizioso, semplice ma raffinato mottetto a quattro voci che, insieme all’organo,  si chiude in un pianissimo predisponendo alla meditazione e alla preghiera.

E’ ora il momento tanto atteso. Il concerto si apre con H. L. Hassler, compositore ed organista tedesco del tardo Rinascimento. Come molti altri del suo periodo, studiò anche alla scuola Veneziana e la maggior parte della sua musica sacra scritta negli ultimi anni della sua vita è in stile polifonico alla maniera di Palestrina. Ecco dunque la motivazione dell’accostamento, nel programma, di questo autore agli altri già citati.

Gioioso e vivace, il “Cantate Domino”, mottetto per il tempo natalizio su testo tratto dal Salmo 29, invita i presenti, con le parole degli angeli verso i pastori in una lontana notte, ad annunziare “…in omnibus populis mirabilia eius”. Con due composizioni di Palestrina, una consecutiva all’altra: “Tu es Petrus” e “Quodqunque ligaveris”, si entra nella parte più viva e più solenne del concerto che proseguirà con quelle del Maestro Bartolucci. Festosi, solari e in continuo dialogo tra le sei voci, i primi, creano una marcata contrapposizione, sapientemente cercata, col primo brano della seconda parte che inizia con “Dum aurora finem daret”, dal III Libro dei Mottetti.

Da sempre l’improvviso apparire dell’alba nel cielo inondato dall’aurora sembra sorprendere. Così, ugualmente, stupisce un’ altra alba: evocata dai soprani con un filo di voce appena udibile in un tema lineare ascendente, quasi il sole che spunti all’orizzonte, nasce il giorno del martirio della fanciulla romana che, forte della sua fede, incita i soldati di Cristo a porre fine alle opere delle tenebre e ad indossare le armi della luce: “Eja milites, abjicite opera tenebrarum et induimini arma lucis!”. Austero e drammatico al contempo, questo brano in cui le dissonanze tra le voci esprimono il combattimento tra tenebre e luce, sottolinea la drammaticità della lotta resa da un’esecuzione più che pregevole oltre che estremamente espressiva, suscitando il delirio del pubblico che già in precedenza aveva espresso il suo apprezzamento ma che ora lo ripete  prolungandolo oltre misura.

Ma ci saranno subito dopo altri momenti di vera ovazione.

All’affanno della lotta si contrappone la quiete della contemplazione: è il mistero eucaristico in “O sacrum convivium”, dove l’autore esalta ed arricchisce la melodia gregoriana con lo stile che gli è proprio.

Segue un altro momento dedicato a Cecilia nel “Cantantibus organis”: le parti dell’organo magistralmente eseguite dal M° Angelo Silvio Rosati, in contrappunto con le voci, conferiscono al brano un vigore particolare mentre le quattro sezioni procedono compatte nell’ardente preghiera: ”Fiat cor meum immaculatum ut non confundar”.  Mottetto breve ma vigoroso per mezzo del quale gli esecutori riescono a creare tra il pubblico una tensione fortissima e non destinata a scemare poiché, subito dopo, in un accostamento che invita a spostare un poco lo sguardo, imponente il “Tota pulchra”. Nel testo, i versi della parte di acclamazione vengono da molto lontano: dal Libro di Giuditta. La  bella e giovane vedova ebrea, ”gloria Jerusalem”, sembra emergere a tinte forti come nello splendido e drammatico  Caravaggio che la  rappresentò nell’atto di compiere il gesto che varrà la salvezza del popolo di Israele. La Vergine Maria, acclamata però “tota pulchra…sine macula…” ma, ugualmente “gloria Jerusalem.. …honorificentia populi nostri…”, compie, con altro sacrificio,  la salvezza del popolo di Dio.

Questa composizione monumentale, quasi orchestrale, che si snoda dapprima in un crescendo esaltante per chiudersi sull’implorazione, propone i diversi sentimenti che sottendono a una preghiera e che l’organo, con una linea  melodica propria, introduce, lega, esalta e sfuma. Anche qui il pubblico esplode per un’esecuzione non solo mirabile ma prepotentemente intensa ed incisiva in linea, crediamo perfetta, con l’intento del compositore. Dopo tanta tensione è necessaria, nuovamente, la distensione. Il Coro la favorisce con “Sicut Cervus”. Come nell’omonimo brano di Palestrina, così nella prima parte di questo mottetto: è sufficiente socchiudere gli occhi per “vedere” la scena accompagnati dalla dolcezza della melodia in un tutto che si compenetra e completa. Si conferma anche qui, e totalmente, lo spirito che ha sempre animato il compositore Bartolucci: seguire la verità della parola, esaltandone l’intrinseca forza espressiva per porgerla con naturalezza.

Il Gloria della Messa eseguita durante la celebrazione d’apertura, chiude questa straordinaria esecuzione in cui i Cantori sono riusciti a dare, come in altre occasioni, il meglio delle loro capacità con la particolare sensibilità musicale che li contraddistingue e che ne fa un Coro tra i più conosciuti ed apprezzati e che, con il costante impegno proprio e del loro Direttore, continua a confermare questa opinione.

Assisi, dicembre 2007

Maria Francesca Tanda