NOVEMBRE 2003 - S. CECILIA I CANTORI DI ASSISI IN S. CHIARA nel 750° della Sua morte

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Ed è di nuovo S. Cecilia.

La ricorrenza rappresenta l’appuntamento annuale più importante per la vita del Coro perché costituisce il momento di incontro tra i Cantori ed i loro Amici, estimatori e sostenitori, in un clima festoso.

Quest’anno è la Basilica di S. Chiara ad ospitare tutti e le sue navate rimandano echi di voci che il gesto esperto dei Direttori, con sapiente alchimia, amalgama e fonde.

In tre momenti, come tradizione, l’incontro inizia con la celebrazione della S. Messa a cui fa seguito l’atteso Concerto, per chiudere con un incontro all’insegna della convivialità che oltre ad essere catalizzatore di emozioni e stati d’animo, è latore di importanti comunicazioni come quella relativa alla prossima uscita di un nuovo CD strutturato in maniera molto singolare.

L’uscita del disco era prevista da tempo ma, per eventi non dipendenti dalla volontà del Coro, era stata rimandata.

Si diceva della singolarità. Il disco costituisce, infatti, una “guida” musicale e spirituale  che accompagna il visitatore per le strade di Francesco e Chiara e che nel titolo, “L’Amoroso Canto”, richiama il Sommo Poeta che cantò Francesco, Madonna Povertà e la Vergine.

Ma torniamo a S. Cecilia. Anche, ma non solo, per dovere di ospitalità i Cantori, nel celebrare la festa, hanno reso omaggio a S. Chiara. Ricorre, infatti, quest’anno il 750° della Sua morte ma, nell’insieme, sono state accomunate entrambe le tenere e forti figure femminili: Cecilia e Chiara.  Al momento dell’offertorio, infatti, dolcissima, la melodia di O Clara luce clarior di A. Santini, ricorda l’opera di S. Chiara ed all’inizio del concerto, squillante e dialogato con l’organo, Cantantibus Organis del M° D. Bartolucci sottolinea la fermezza di Cecilia e la sua ardente preghiera nel momento del martirio.

In tema col tempo di Avvento, il rito si apre con Rorate cœli, antifona gregoriana trasformata in ricca polifonia a quattro voci dal M° Bartolucci, ed è accompagnato dal Coro con la Missa De Angelis del medesimo.

Ed è ancora Bartolucci ad invitare all’adorazione del mistero eucaristico con Ave Verum, composta su un testo anonimo medioevale del XIV secolo che ha inspirato più di un compositore.

Al termine, il celebrante Mons. Vittorio Peri, Preside dell’Istituto Teologico di Assisi, nel rivolgere al Coro ed ai suoi Direttori parole di gratitudine ed apprezzamento sollecita i presenti mediante una “perla” di S. Agostino: “canta e cammina”, quasi un sentiero tracciato, un programma di vita,

Solenne e squillante O Re dei Re di K. Ph. Em. Bach chiude la celebrazione.

Il repertorio del concerto è ricamato sulle figure delle due donne, Signore della giornata, pensando brani che si addicessero ad entrambe. Brani importanti, naturalmente, come si conviene alla ricorrenza ed ai soggetti della stessa. Polifonia eccelsa, quindi.

Aperto, come già detto, dal Cantantibus organis, prosegue con il grande Palestrina. Ed ecco due delle ventinove mirabili composizioni del Nostro tratte dal Canticum Canticorum : Vox dilecti mei e Surge amica mea, una consequenziale all’altra, nel rappresentare due momenti di un’unica scena.

Parole dolcissime sottolineate, evidenziate e permeate dalla musica composta quasi  “intorno” ad esse e per esse: la musica si fa parola conferendo all’insieme vigore plastico. Con particolare sensibilità interpretativa le voci virili e femminili si rincorrono e, alcune volte, sovrappongono in crescendi esaltanti o sfumano in delicati ed eleganti vocalizzi.

Nel primo brano è l’amata che ascolta con amoroso affanno la voce dell’amato che giunge a lei e nel secondo è lui che, raggiuntala, la chiama e sé.

Sembrerebbe amore profano ma è inutile sottolineare il chiaro riferimento a Cristo ed alla sua Chiesa e, nell’occasione, allo Sposo di Cecilia e Chiara: il  Cristo, appunto.

Non a caso il secondo brano del concerto canta Veni sponsa Christi, sempre palestriniano e, più tardi, le voci femminili, accompagnate dall’organo, levano il canto d’amore Ego dilecto meo del M° Bartolucci. Anch’esso su un versetto del Cantico dei Cantici, è manifestazione d’amore infinito e profondo, fusione di anime: “io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me”. Mottetto prezioso dalla ricca polifonia.

Esecuzioni, tutte, molto impegnative sia dal punto di vista vocale,  sia della direzione che il pubblico ha chiaramente dimostrato di comprendere e visibilmente apprezzare.

Nella seconda parte del concerto la grande polifonia lascia il passo a composizioni non meno toccanti come i due brani che da tempo non venivano offerti: i canti ebraici del Maestro F. Dominutti.

Shalom e Erez suonano particolarmente appropriati in quest’anno che ha ricordato un triste sessantennale. Alla fine del ‘43, infatti, come tutti sanno, dall’Italia partirono i convogli ferroviari verso i lager nazisti: cominciava la Shoah italiana. Delle migliaia di deportati tornarono in sedici e dei duecento bambini, nessuno.

A quattro, cinque voci, intessono la melodia sulla ripetizione di poche, brevi, parole che  ne costituiscono l’intimo significato.

Il primo, Shalom, è un tenero arrivederci su note che suscitano nell’intimo un’accorata nostalgia; “Erez  zhavath khalav u devash”, il secondo, che procede con un ritmo via via sempre più concitato dipingendo l’ansia di chi attende, vagheggia una terra da cui fluisce latte e miele.

Nel finale l’invocazione  è all’unisono: Erez: terra! E’ evidente il riferimento alla biblica terra promessa e a quella “promessa” rivolta a noi tutti alla fine dei tempi: la Gerusalemme Celeste. Suona anche,però, come pressante  richiesta di pace per una terra ancora oggi armata, contesa e dilaniata e per il mondo intero.

Il maestro Dominutti, presente all’esecuzione, non ha nascosto la sua commozione ed ha manifestamente dichiarato il suo placet.

Profondamente sentiti e condivisi il pensiero e la dedica dell’intera celebrazione alla incommensurabile tragedia da poco vissuta e ancora fortemente incisa nel cuore di tutti: Nassiriyah.

Sono le voci virili dalle sonorità profonde con le voci più chiare quasi sullo sfondo, a piangere per tutti in un dolente “Croci dei monti” di L. Manenti: per non dimenticare.

Col fiato sospeso ed il cuore stretto il pubblico ha intimamente vissuto lo struggimento che il testo suscita ”…croci di legno screpolate, croci di ferro arrugginite….a chi passa voi chiedete il fiore d’un pensiero.”. Il nodo in gola si scioglie in un prolungato applauso.

Ancora una volta i Cantori ed i loro Direttori, P. Nicolini e P. Verde, che si sono alternati sul podio, hanno trovato il modo di toccare il cuore dei presenti cantando i grandi temi della vita: l’amore, il dolore, la pace.

Il finale non poteva che essere maestoso. Così, Exulta et lauda di un allora giovanissimo Refice riempie, potente, le navate: un invito alla lode nonostante il dolore.

Esplode l’ovazione accompagnata dalla richiesta del bis alla quale i Cantori non possono e non vogliono sottrarsi. Erez è senz’altro il più appropriato.

Nel  congedarmi,  con la certezza che continuerete a seguirci e a condividere il nostro cammino, sento di fare mie le parole del primo dei brani di Dominutti: “ shalom, khaverim  lehi trahot”, arrivederci  amici, alla prossima volta!

Assisi, novembre 2003

 

Maria Francesca Tanda