Cantori di Assisi – Pasqua 2010 La figlia di Jefhte e Cristo: l’olocausto nel Vecchio e nel Nuovo T

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E’ la figura di Cristo ad emergere in questo concerto che, tra Responsori ed Oratori, ruota intorno al Suo duplice aspetto e che contiene, come in uno scrigno, l’essenza stessa del Cristo-olocausto, vittima sacrificale, prefigurata nel vecchio Testamento dalla figlia di Jefhte.

La sconosciuta fanciulla, o meglio, conosciuta soltanto come figlia di Jefhte dato che il libro dei Giudici non ne riporta il nome, è l’ olocausto offerto da Jefhte a Dio per adempiere ad una promessa, così come Cristo è immolato sulla Croce per adempiere alla promessa d’amore e di redenzione di Dio all’uomo. Un parallelo per il quale l’estensore del programma ha inserito al centro del concerto l’esecuzione dello Jefhte di Carissimi preceduto e seguito da brani che contemplano gli aspetti del Cristo guardato inizialmente nella sua realtà di uomo, dall’ ingresso a Gerusalemme al Golgota, ed infine nella sua gloria e potenza divina.

Cristo è cantato, in apertura e a voce spiegata, nell’ Hosanna in Excelsis di P. De La Rue, cui fanno seguito tre Responsori dell’ Ufficio delle Tenebre, che offrono un esempio di tali composizioni tra il XVI e il XVIII secolo: Tenebræ factæ sunt di M. Ingegneri, Caligaverunt di T. L. de Victoria, In monte Oliveti di L. Leo. Dolenti e mesti, i primi due, fanno da contrafforte al terzo in cui emerge la mortale tristezza del Cristo che invoca il Padre perché allontani dal lui il calice della sofferenza. Angoscia e tristezza si mescolano nella voce del solista che, intensa, vibrante e pregna del significato delle parole che sta per pronunciare, innalza la preghiera ed invoca: Pater, si fieri potest, transeat a me calix iste”, dove le parole “transeat a me” ripetute per ben due volte sottolineano e scolpiscono la disperazione della vittima che sa, comunque, di non potersi sottrarre al martirio. Il Coro che aveva aperto presentando la preghiera di Cristo, conclude nell’ inseguirsi delle voci che affermano” spiritus quidem promptus est, caro autem infirma”: lo spirito non riesce ancora ad avere ragione della paura e della debolezza della carne. E’ una dolorosa presa di coscienza che la voce del coro, quasi un grido che si placa sulla riflessione, riesce a comunicare in maniera incisiva.

Si chiude la parte dei Responsori e si apre quella degli Oratori con E. de’ Cavalieri, Carissimi, Händel.

In “Rappresentazione di anima et corpo”, del primo, il coro riconosce, in un crescendo affermativo, l’assoluto dominio di Dio sul mondo: “domator della morte e donator della vita” quasi ad introdurre lo Jephte dove la presenza di Dio è ancora più sentita, più forte, più dominante.

Dello Jephte, oratorio di Carissimi per soli, coro a 6 voci dispari e organo vengono eseguite interamente la prima parte ed un estratto della seconda. Si apre con la voce del narratore che, in breve, presenta e riassume il fatto storico. Jephte parte per la guerra e fa una promessa a Dio: se tornerà vincitore sui figli di Ammon che avevano osato sfidare il popolo di Israele, offrirà in olocausto la prima persona che gli verrà incontro al suo rientro. Gli echi della guerra emergono già al primo intervento del coro femminile dove le voci acute e squillanti rappresentano con grande limpidezza gli squilli di tromba ed il risuonare dei timpani all’inizio della battaglia. Segue un ritmo concitato introdotto dal basso e seguito dal coro al completo per dipingere a forti tinte il momento risolutivo della battaglia. Israele mette in fuga il nemico: Fugite, cedite impii, corruite et in furore gladii dissipamini, dove il fugite ed il cedite, reiterati da tutte le voci, incalzanti ed incombenti, fanno immaginare l’orda in fuga, l’inseguimento, il clamore delle spade. Il tutto si placa: i figli di Ammon sono umiliati davanti ai figli di Israele.

Jephte torna a casa e, come costume, il vincitore è accolto e festeggiato con canti e danze, timpani e cimbali. E’ il momento dell’intimo godimento della vittoria: il coro tace per lasciare spazio a tre sole voci. Ma la tragedia è nell’aria e la si percepisce.

La figlia del vincitore, con la stupenda interpretazione del soprano solista, gli corre incontro inneggiando a lui ed alla vittoria di Israele. A lei si uniscono altre voci femminili che rafforzano il momento gioioso: cantemus omnes domino, laudemus belli principem, qui dedit nobis gloriam et Israel victoriam. A questa gioia si contrappone subitamente la disperazione di Jefthe che, in quel momento, capisce di dover sacrificare la propria figlia unigenita. Inizia la seconda parte, introdotta da una breve lettura. Anche la figlia comprende e, docile, accetta il proprio destino ma, prima che esso si compia, chiede di potersi recare sui monti, con la sola compagnia delle amiche, a piangere la propria verginità: non sarà mai madre ed è, forse, questa consapevolezza a far sì che lei percepisca come ancora più tragico il suo destino. il coro sottolinea con profonda mestizia questo doloroso momento ed accompagna la fanciulla, il soprano solista, la cui voce riemerge ancora una volta carica di sofferenza, per esprimere il suo lamento. Ritorna il coro per rispondere e chiudere sulla parola “lamentamini” ripetuta più e più volte da tutte le voci in un susseguirsi angosciante, fino a spegnersi.

Il pubblico esplode in un applauso intensissimo e prolungato e dimostra il proprio apprezzamento per un’esecuzione pregevole: sotto la direzione del M° P. Maurizio Verde e l’accompagnamento all’organo del M° A. S. Rosati, la voce del coro ha saputo trasmettere emozioni intense perfettamente captate e vissute dai presenti

Il concerto termina con tre composizioni di Händel: And the glory of the Lord, Behold the lamb of God e Halleluyah per cantare ancora una volta il Cristo nella rivelazione della sua gloria, per ricordarne il sacrificio e per celebrarne la gloria nel suo regno. I Cantori, in questo brani come nei precedenti, sono riusciti ad esprimere ora dolcezza, ora afflizione, ora potenza e solennità in un’ interpretazione definita nei commenti del pubblico: “da brivido” e “sublime”. Assisi, aprile 2010

Maria Francesca Tanda